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giovedì 18 gennaio 2018

No all’intervento militare in Niger

Ieri, 17 gennaio, a Montecitorio Liberi e Uguali ha presentato una risoluzione per negare l’autorizzazione alla missione militare italiana in Niger.
A Camere sciolte, il Parlamento è stato chiamato a pronunciarsi sull’approvazione della partecipazione a missioni militari internazionali proposte in una Delibera del Consiglio dei ministri del 27 dicembre con cui il Governo Italiano apre a nuovi scenari di intervento per le nostre truppe.
Questo rinnovato interventismo militare è strettamente connesso al contrasto della migrazione nella sua dimensione esterna: per le missioni in Libia e Niger è previsto un budget, da gennaio a settembre 2018, di 65 milioni di euro su un totale di 83 milioni per le nuove missioni. A seguire la Tunisia, altro paese d’interesse geostrategico nello scacchiere delle migrazioni.
La missione in Libia prevede uno spiegamento di 400 uomini e 130 mezzi terrestri, oltre a quelli aerei e navali già autorizzati nell’ambito delle unità del dispositivo aeronavale nazionale Mare Sicuro e Ippocrate.
Per un totale di 35 milioni di euro per i prossimi 9 mesi, l’Italia propone una missione con dichiarati obbiettivi di contrasto alla migrazione con attività di formazione, addestramento e supporto delle autorità locali. Si continua a finanziare la Guardia Costiera libica perché intercetti i migranti riportandoli nell’inferno dei centri di detenzione da cui sono fuggiti. Una decisione che non tiene conto di quanto ribadito anche dal Consiglio di Sicurezza Onu, che già nel giugno 2017 aveva rilevato pericolosi legami tra i membri della Guardia Costiera Libica e le milizie che gestiscono le partenze sulla pelle dei migranti. La missione in Niger, in cui sono previsti 470 uomini, 130 mezzi terrestri e 2 aeromobili – per un budget totale di 30 milioni in 9 mesi, 50 in un anno – alla frontiera tra Niger e Libia sovrappone gli obbiettivi di contrasto alla migrazione a quelli di lotta al terrorismo.
Alle nostre forze spetterebbe il controllo della frontiera Nord del paese con una funzione di deterrenza al transito dei migranti: non si ridurrebbe quindi il numero dei migranti verso la Libia, ma, obbligandoli a uscire dai sentieri battuti, si aumenterebbe il rischio d’incidente e di morti. La presenza militare italiana contribuirà a trasformare il deserto del Teneré nell’ennesimo cimitero a cielo aperto alle nostre frontiere.
Infine la Tunisia in un fantomatico quadro d’intervento Nato, con cui sembra non esserci stata nessuna discussione: l’interesse di inviare 60 uomini è legata alle partenze dei barconi e al recente aumento di arrivi, con relative espulsioni sistematiche.
Un aumento delle spese militari giustificato quindi dalla necessità di prevedere le missioni di esternalizzazione del controllo delle frontiere, in Niger e Libia che si traduce nel contrasto della migrazione nel deserto e in mare.
Hanno archiviato in fretta la legislatura per impedire l’approvazione dello ius soli e invece poi sono andati di corsa, anche a Camere sciolte, per approvare l’aumento della presenza militare per contrastare immigrazione.
Noi a tutto questo abbiamo detto no, ci siamo opposti con una nostra risoluzione all’interventismo militare contro i migranti, per affermare le ragioni della cooperazione e della pace e scongiurare una missione militare che dietro la retorica del contrasto all’immigrazione nasconde interessi neocoloniali che rischiano di trascinare l’Italia in una nuova stagione di conflitti nello scacchiere africano.

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