La vendita del patrimonio pubblico di valore paesaggistico, monumentale
e documentale che ci è stato lasciato in eredità dalla natura e dall'uomo, di cui
dobbiamo prenderci cura per poterlo trasferire a chi verrà dopo di noi, è un furto
alla collettività, così come la privatizzazione dell’acqua e altri Beni Comuni.
La cura del territorio e la prevenzione dai rischi, è l’opera
pubblica prioritaria per il Paese
Preservare le grandi ricchezze italiane, il paesaggio, le bellezze
naturali e quelle costruite dall'uomo in secoli di storia è un dovere culturale
e politico. Oggi 33.000 ettari di suolo consumato ricadono all'interno delle aree
protette. Difendere dai rischi sismici e idrogeologici e dall'incuria, il nostro
inestimabile patrimonio storico artistico, fatto di singoli monumenti e di borghi
antichi, rappresenta il più grande e produttivo investimento che può fare l’Italia.
Ma per preservarlo occorre un incremento delle risorse finanziarie
necessarie per attivare una programmazione finalizzata alla conoscenza, alla messa
in sicurezza e al restauro del patrimonio culturale, una maggiore e incisiva presenza
sul territorio degli organi di tutela in grado di operare con intervento diretto
nella tutela e nel restauro.
Ma con la “riforma Madia” le Soprintendenze vengono depotenziate
e messe funzionalmente alle dipendenze del Prefetto. Con questa scelta insieme alla
riforma del Ministero dei beni culturali nell'ottica della “valorizzazione” staccata
dalla “tutela”si accorpano le già deboli soprintendenze (archeologia con belle arti
con paesaggio) depotenziandone di fatto l’autonomia culturale e l’indipendenza.
Anche le conferenze dei servizi, necessarie per istruire progetti complessi, vengono
riformate: ora le decisioni vengono prese a maggioranza. Il parere della Soprintendenza
può quindi essere ignorato mentre prima era obbligatorio e vincolante .
Contro la “disarticolazione delle istituzioni di tutela” proponiamo:
- l’abolizione della “legge Madia” per le parti riguardanti soprintendenze e conferenze dei servizi,
- l’abolizione della riforma del MIBACT in cui si accorpano le sovrintendenze e si rafforza la pericolosa separazione tra tutela (quasi annullata) e valorizzazione (trasformata in mercificazione)
Il pensiero neoliberista che ha contaminato la cultura anche
di sinistra, ha ridotto le città ad una merce e le risorse naturali e paesaggistiche
terreno di conquista della speculazione edilizia. Non a caso la crisi mondiale che ci attanaglia è nata proprio
con lo scoppio della bolla immobiliare, troppo rapidamente e volutamente rimossa
perché la sua analisi imporrebbe una revisione del modello di sviluppo che ha affidato
alla rendita e non alla ricerca e all’innovazione, ingenti capitali con la complicità
delle banche che ancora guidano e sostengono operazioni immobiliari senza futuro
ma che servono a giustificare i loro bilanci. (nel I trimestre del 2016, sul totale
dei finanziamenti concessi dalle banche e non rimborsati dalle imprese, oltre il 40% è legato alle imprese/immobiliari
che pesano per oltre il 27% sui crediti deteriorati)
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