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domenica 14 gennaio 2018

Il lavoro. Quello buono

Il ricatto della precarietà ​ha minato dalle fondamenta un’idea di società in cui ciascun individuo possa sentirsi realizzato, esponendo i lavoratori a un mercato sempre più feroce e portando i salari a livelli tanto bassi da essere nocivi per la stessa crescita dell’economia. Dobbiamo cancellare il Jobs Act e la giungla di forme contrattuali precarie che alimentano il peggiore sfruttamento, introducendo come forma prevalente il contratto a tempo indeterminato, che preveda tutele crescenti articolate in tre diverse fasi del percorso di formazione e stabilizzazione del lavoratore. Un periodo di prova, della durata massima 8 di tre mesi, un periodo di allineamento professionale e infine, entro tre anni dall'attivazione, la fase di stabilizzazione a seguito della quale il recesso potrà avvenire solo in caso di giusta causa e giustificato motivo, con l’applicazione delle tutele piene in caso di licenziamento illegittimo. Ogni forma contrattuale precaria residuale deve essere più costosa per l’impresa rispetto al lavoro stabile. Tutto ciò consente anche la reintroduzione delle tutele eliminate dal Jobs Act. Tutto questo, però, non fermerà la quarta rivoluzione industriale dove le intelligenze artificiali spazzeranno via interi settori professionali. Conoscere e capire le nuove frontiere e le potenzialità dell’information technology servirà a gestire questo passaggio epocale e trasformare molte delle minacce in nuove opportunità. Ma soprattutto vogliamo creare nuovo lavoro, impegnandoci a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese

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