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martedì 13 febbraio 2018

Vogliamo che l'università sia aperta a tutte e a tutti


In Italia l’università è sempre più riservata ai ceti benestanti.
Solo il 22 % dei giovani che la frequentano, secondo il Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea, ha un'origine sociale meno favorita. Tuttavia il nostro paese non si impegna a rimuovere le barriere economiche all’accesso all’istruzione terziaria. La crisi, l’aumento delle tasse – aumentate in media del 50% e tra le più alte dell’Europa continentale – e il numero chiuso hanno vanificato l’accesso di massa all’istruzione universitaria. La combinazione di alte tasse universitarie – pagate da una quota largamente maggioritaria della popolazione studentesca – e un esiguo numero di percettori di borse di studio, rende quello italiano uno dei sistemi più iniqui presenti nel panorama europeo. L’Italia risulta infatti uno dei paesi col più basso rapporto tra idonei alla borsa di studio e iscritti all’università. Nel nostro paese il diritto allo studio interessa meno del 10% della popolazione universitaria a fronte del 36% della Francia, del 25% della Germania ecc, come testimoniano i dati Eurydice, paese, quest’ultimo, in cui gli studenti inoltre non pagano le tasse universitarie. Per ribaltare la tendenza degli ultimi anni occorre affermare la prospettiva di un ampliamento della gratuità dell’istruzione universitaria. L’innalzamento dei livelli di istruzione attraverso la generalizzazione dell’accesso all’università rappresenta, infatti, un obiettivo strategico per tutto il paese. L’obiettivo della gratuità va affermato prevalentemente attraverso due leve: l’abolizione della contribuzione studentesca; un potenziamento del diritto allo studio in grado di realizzare pienamente il mandato costituzionale, per rimuovere le barriere economiche, sociali e territoriali che si frappongono all’accesso agli studi.
La gratuità della formazione universitaria costituisce una concreta occasione per restituire il sistema a una logica solidale: i redditi alti, correttamente individuati, devono essere chiamati a contribuire, attraverso la fiscalità generale e una rimodulazione, in base al reddito, della tassa regionale per il diritto allo studio. È credibile e sostenibile raggiungere livelli di esenzione pari agli esempi europei più virtuosi.

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