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domenica 31 dicembre 2017

Liberare le città dalle diseguaglianze (Idee per un programma condiviso)

Primo obiettivo: ridurre le diseguaglianze che nella città si manifestano in modo acuto.
Degrado sociale e ambientale convivono, la povertà urbana, l’emarginazione, la solitudine non trovano nella città il luogo che restituisca dignità e speranza.
Finché il governo della città e del territorio sarà, come ora, guidato dalla rendita, dalla speculazione, dagli affari spesso illeciti, permarranno iniquità e lesione dei diritti urbani, danni alla salute, devastazione dell’ambiente, inquinamento delle falde acquifere, inondazioni, rischi idrogeologici e sismici, consumo di suolo;
La forbice fra domanda e offerta di alloggi (fabbisogno abitativo insoddisfatto in presenza di migliaia di alloggi vuoti) dimostra l’incapacità di autoregolamentazione del mercato e quindi la necessità di una
guida pubblica che lo indirizzi verso i bisogni reali delle persone.
La permanente emergenza abitativa è il prodotto di un mercato edilizio guidato, non dalla mano pubblica che lo dovrebbe indirizzare con Leggi e finanziamenti verso risposte a domande reali (che vanno dagli alloggi in locazione a basso costo, alla sostituzione di reti acquedottistiche obsolete con perdite che arrivano al 40%, ), ma esclusivamente dal profitto, dall’urbanistica neoliberista che ha smarrito la sua funzione sociale.
Il problema della casa per chi ha redditi bassi rappresenta una sofferenza uguale e, in presenza di bambini, persino superiore all’assenza di lavoro. Ma spesso entrambi si presentano in modo congiunto, perché la questione delle abitazioni non colpisce tutti indistintamente, ma solo chi non ha un reddito sufficiente per affrontare il mercato privato. Perché le case non mancano, ma segnano più di ogni altro fattore le diseguaglianze, per qualità, ubicazione, accessibilità.
Più disoccupazione, più povertà, più disuguaglianza sociale, più debiti: è dentro questo scenario che dobbiamo collocare la drammatica realtà dell’emergenza abitativa.
Non si può parlare di lotta alle diseguaglianze se non si affronta con determinazione il problema della casa. È un problema che i 7 milioni di case vuote permetterebbero di risolvere. Un piano di emergenza, che può diventare una svolta strutturale per risolvere un dramma che riguarda le fasce più povere della popolazione e che si estende ormai verso la classe media.
Proponiamo di affidare ai Comuni, attraverso un Piano di Investimenti mirato, il compito di acquistare, con bando pubblico, gli alloggi vuoti per affittarli o prenderli in affitto dai privati per riaffittarli a loro volta a famiglie bisognose, facendosi così garanti presso il proprietario di eventuali insolvenze causate da condizioni di necessità. È un Piano Casa che rappresenta la soluzione migliore in un momento in cui i valori degli immobili sono scesi in media del 30% e in alcune aree urbane fino al 50%, che ha i seguenti vantaggi:
  • ·     la rapidità degli effetti derivante dall’avere il prodotto pronto per essere assegnato alle migliaia i famiglie in attesa nelle liste ERP e per quelle (160.000 secondo i dati SICET) con sfratti esecutivi in attesa di essere eseguiti, molti dei quali dovuti a morosità incolpevole in continuo aumento.
  • ·     investimenti che sottrarrebbero al mercato un bene inutilizzato, che il mercato non assorbe
  • ·         non produce consumo di suolo perché recupera gli edifici esistenti,
  • ·        la messa a norma degli alloggi degradati collabora al risparmio energetico e a ridurre l’inquinamento
  • ·  riqualifica le periferie attraverso il risanamento degli immobili, spesso da anni abbandonati

Il Governo Pubblico delle Città deve costituire un esempio virtuoso di buone pratiche e gli stanziamenti dello Stato dovrebbero esserne la guida (nel 2016 il Governo non ha stanziato un solo Euro per l’edilizia sociale).

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